martedì 3 maggio 2011

IL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA VERITA' STORICA

 IL DIRITTO INTERNAZIONALE E LA VERITA’ STORICA

Ai fini del ristabilimento della verità storica e della pacificazione tra Stati che furono in guerra tra loro, o tra popoli o parti politiche che si fronteggiarono in armi, appare sempre più importante puntualizzare alcuni argomenti che spesso vengono “oscurati” da presunte verità storiche propugnate a tutti dai vincitori delle guerre o da partiti politici interessati a conservare il consenso.

Quando inizia una guerra, il diritto internazionale prevede che venga fatta e presentata dai rispettivi ambasciatori una dichiarazione formale di guerra, per avvertire i governi e i popoli del mutamento di uno status pacifico tra due o più nazioni.

Non ricordiamo se Hitler prima dell’attacco alla Polonia abbia fatto ciò. Sicuramente - al di là di presunti ritardi dovuti al fuso orario - i giapponesi attaccarono Pearl Harbour senza che ciò fosse noto al governo e al popolo degli Stati Uniti, per sfruttare la sorpresa e distruggere una notevole parte della flotta statunitense.

Allo stesso modo, quando un belligerante intende uscire da una guerra e chiedere un armistizio al nemico, il diritto internazionale prevede che siano avvertiti gli eventuali alleati, allo scopo di far modificare il loro comportamento nei confronti del belligerante e dei nemici.

Analizziamo il comportamento di alcuni Stati nell’ultimo conflitto mondiale.

Subito dopo l’aggressione di Hitler alla Polonia (giustificata - secondo lui - dall’esistenza di numerose aree di lingua tedesca che da anni attendevano di essere riunificate alla madre patria) l’Inghilterra e la Francia (legate da un Patto di solidarietà alla Polonia) dichiararono guerra alla Germania, e neppure Mussolini riuscì stavolta ad evitarlo. D’altronde, l’anno dopo lo avrebbe fatto anche lui.

La Francia ben presto venne occupata militarmente, e il suo Governo chiese e ottenne l’armistizio. Ma poi dovette dare le dimissioni, perché Hitler non tollerava certo di avere in Francia lo stesso Governo che gli aveva dichiarato guerra. Il nuovo Governo, con sede a Vichy, (sicuramente, un Governo fantoccio, collaborazionista, agli ordini dei tedeschi, che vedeva il Maresciallo Petain alla Presidenza della Repubblica, e Mr. Pierre Laval Primo Ministro) era in ogni caso necessario per organizzare quel poco di autonomia dal duro tallone tedesco che i francesi potevano permettersi. Ma non era un Governo legittimo, perché non espressione del popolo e del Parlamento francese, ed era nato dopo l’invasione della Francia e la sconfitta. Mentre invece, il Generale De Gaulle organizzava un Governo in esilio e un esercito di liberazione, quello stesso che qualche anno dopo sarebbe entrato a Parigi con la truppe alleate sbarcate in Normandia. Naturalmente, in Francia si organizzò la resistenza ai tedeschi, in attesa della liberazione. Uno dei capi più attivi fu Chaban Delmas che agì molto in Parigi e nei famosi sotterranei sotto la città.
I resistenti francesi, quali “soldati” sul territorio francese del Governo in esilio del Gen. De Gaulle, potevano usufruire della posizione di “belligeranti”, e non erano renitenti alla leva perché non fu organizzato nessun richiamo alle armi obbligatorio dal Governo fantoccio. Questo permetteva loro di evitare la fucilazione immediata se catturati, anche se, certo, non potevano evitare terribili torture e la condanna a morte se non denunciavano i loro compagni.
I capi del Governo fantoccio furono in seguito processati per alto tradimento e condannati a morte dal Governo del Generale De Gaulle. Non sfuggì neppure il vecchio Maresciallo Petain, gloria della Francia nella prima Guerra Mondiale.

Ben diversa la posizione dell’Italia. Lo Stato italiano aveva stretto con la Germania un “Patto d’acciaio” che la impegnava a entrare in guerra a fianco della Germania nel caso che questa avesse avuto dichiarazioni di guerra. Il Patto, molto contrastato dagli ambienti italiani più antitedeschi (che facevano capo a Ciano) fu voluto essenzialmente da Mussolini e convalidato dal Re Vittorio Emanuele III°. Probabilmente i motivi che avevano influito erano nell’aiuto dato dalla Germania al tempo delle sanzioni economiche imposte da Francia e Inghilterra per la politica imperiale italiana.
Ma Mussolini, per non trascinare subito l’Italia - non preparata - in guerra, inventò la formula della “non belligeranza” all’interno del Patto. Riuscì a mantenersi così fino al Giugno 1940. Ma poi, visto che la Germania aveva conquistato tutta l’Europa, nella paura di restare fuori dal tavolo della pace, sperando in un massimo di sei mesi di guerra, si decise (col consenso del Re) ad entrare in guerra, malgrado la scarsa preparazione.
La guerra andò ben al di là dei sei mesi, e dopo un periodo di vittorie tedesche, gravi errori quali  l’attacco alla Grecia e alla Russia tolsero risorse all’impresa africana che si arrestò a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto. La sottovalutazione degli Stati Uniti d’America, nel frattempo entrati in guerra a fianco dell’Inghilterra, fece il resto.
Si arrivò così alla invasione dell’Italia da parte degli eserciti alleati. I tedeschi inviarono alcune forze in Italia, per aiutare l’esercito italiano ormai malmesso (in Tunisia aveva perso stupidamente 300.000 uomini presi prigionieri!).
Il 25 Luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciò Mussolini  (forse un accordo col Re propiziato da Grandi con la mediazione di Acquarone, Ministro della Real Casa). Mussolini, andato il giorno dopo a Villa Savoia a presentare le dimissioni, fu inopinatamente arrestato e tolto di mezzo, mentre l’alleato tedesco fu rabbonito con l’impegno “…..la guerra continua…” del Maresciallo Badoglio, divenuto nel frattempo Primo Ministro al posto del Duce.
Ma l’8 Settembre 1943, ancora inopinatamente e inaspettatamente, senza avvertire l’alleato tedesco, Badoglio annunciò l’armistizio, disse alle truppe di reagire agli attacchi “…da qualunque parte vengano…” - ma solo i tedeschi potevano attaccare gli italiani, ormai da loro considerati infami traditori! -  e fuggì col Re a Brindisi, dando vita al “Governo del Sud”, che ovviamente non poteva avere giurisdizione sul Nord Italia, nel frattempo occupato dai tedeschi.
In questa situazione, con l’Italia quasi interamente occupata dai tedeschi che nel frattempo erano scesi in forze, era naturale che si formasse un Governo del Nord, col duplice scopo di salvare l’onore italiano compromesso dal comportamento del Governo Badoglio e rendere autonomia - per quel che era possibile - al popolo italiano da Cassino alle Alpi, evitando anche certi atteggiamenti dei tedeschi alleati (ma furenti) che tendevano ad annettere parti di Italia e a trasferire in Germania parte dell’Industria italiana.
Nacque così la Repubblica Sociale Italiana. La RSI fu riconosciuta  da 10-15 stati,  cioè, ovviamente, dagli Stati alleati della Germania.  Recentemente, Pertini riconobbe nel 1978 la qualifica di belligeranti e la pensione di guerra agli appartenenti alla RSI, e la Corte Costituzionale ha fatto di recente una importante distinzione tra chi era provvisto di divisa e chi no. 
La necessità della sua costituzione fu dovuta al fatto di non dover lasciare ai tedeschi il ruolo di “forze occupanti” (con tutti i terribili risvolti che si sarebbero avuti, dopo il “tradimento”) di una zona vastissima d’Italia che andava da Cassino alle Alpi,  ma ricondurli ad alleati, in un Paese ove la sovranità era del popolo tramite la RSI. Senza contare i numerosi uomini (600-700.000) che volevano continuare la guerra a fianco dei tedeschi che con la RSI avrebbero avuto una divisa e una bandiera italiana, sia pur non più sormontata dallo stemma di Casa Savoia, ma dal Fascio repubblicano.
Ma i motivi di legittimità della RSI più forti risiedono nel fatto che , fino all’8 Settembre 43,  il Governo (e la Monarchia) erano stati alleati della Germania e avevano stretto  prima il Patto d’acciaio e poi aderito all’Asse Roma-Berlino, per cui, la presenza della Wermacht in Italia, non era da occupante, ma da alleata, per contrastare l’avanzata degli Angloamericani. Non certo bastò il “tradimento” di Badoglio e del Re per mutare lo status della presenza germanica, anche perché, appunto, rinacque quasi subito la RSI quale governo alleato dei tedeschi, che continuava “davvero” la guerra con loro.
Questa situazione era ben diversa da quella del governo francese di Vichy  (collaborazionista),  perché la Francia aveva combattuto la Germania ed era stata veramente occupata. Stessa situazione per i governi-fantoccio di Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia etc. 
 La  RSI  fu  fortemente voluta da alcuni gerarchi fascisti (Pavolini, etc)  e molto meno - sembra - da Mussolini, desideroso di ritirarsi dalla vita politica.  Ma Hitler - suo cattivo genio - glielo impedì in ogni modo.
Purtroppo, come avveniva in guerra in tutti gli Stati, la RSI fece un bando obbligatorio di chiamata alle armi, e non si contentò della Decima Mas che era una formazione volontaria.
Questo determinò una forte renitenza alla leva da parte di tantissimi giovani che non si sentivano più motivati nel continuare la guerra a fianco dei tedeschi.
Per i renitenti è sempre stata prevista la fucilazione immediata, senza processo, col solo accertamento delle generalità. Nello specifico caso c’era anche l’accusa di tradimento, dato che erano sbandati ed ex-appartenenti all’esercito italiano di cui Badoglio era stato l’ultimo comandante.
Ed ecco che i renitenti, sulle montagne, si trasformarono in partigiani capeggiati da politici che non volevano più il totalitarismo nazifascista pensando ad una Italia democratica, e altri politici invece che lo volevano trasformare in totalitarismo comunista.
I partigiani fecero numerose azioni di guerra, ma non avevano nessuna divisa, né erano da considerarsi “belligeranti” perché non facevano capo al Governo del Sud (che nel frattempo aveva dichiarato guerra alla Germania).
I politici responsabili avevano formato un CLN - COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE  (autocefalo e senza legittimità formale di alcun genere) che non voleva aver nessun contatto col Governo del Sud e con la Monarchia, ritenuta troppo compromessa in passato col fascismo e da eliminare. Anche per questo i partigiani, renitenti alla leva della RSI, non “belligeranti”, e non provvisti di divisa, non potevano che essere fucilati immediatamente, se catturati.
I tedeschi reagirono con feroci rappresaglie (10 italiani uccisi per ogni tedesco) e con stragi.
Ma, al di là di ogni retorica “resistenziale” , le forze in gioco erano tali che la liberazione d’Italia si deve ai 600-700.000 morti degli eserciti alleati, e non certo ai 30.000 - 50.000 eroi partigiani, di cui, peraltro, va salvata la buona fede e l’ideale di libertà propugnati, che hanno dato vita alla nostra Repubblica, tramite la Assemblea Costituente, e alla democrazia nel nostro Paese.

Il 26/27 Aprile 1945 veniva assassinato Benito Mussolini, Claretta Petacci, lintero Governo della Repubblica Sociale Italiana,  senza processo, solo su condanna in nome del popolo italiano  del Comitato di Liberazione Nazionale.
Dato che non cè prescrizione per i reati di tortura e uccisione  su civili e militari prigionieri di guerra, la Procure Militari della Repubblica dovranno aprire finalmente il processo di accertamento delle responsabilità e di condanna - anche post mortem - dei responsabili..
Non cè dubbio che sono imputati tutti i Membri del CLN nazionale.
La condanna fu essenzialmente voluta dai Membri dei partiti di sinistra, ma non risulta che - pur dissociandosi - gli altri rappresentanti dei partiti si siano dimessi dal CLN lasciando  la intera responsabilità agli altri.