sabato 16 aprile 2011

CONFERENZA SULLA PACIFICAZIONE (LIONS CLUB PISTOIA)

NOTE PER LA  CONFERENZA (LIONS CLUB – PISTOIA)


Una impostazione scientifica dello studio della Storia.
Applicazione al periodo ’39–’45: 1) Preliminari – 2) Il comportamento italiano in guerra.
Criteri per una pacificazione tra i contendenti italiani dell’ultima fase della guerra. La Resistenza. Analisi del periodo 25.7.43 – 25.4.45 . Conclusioni e profilo storico condiviso.

LA STORIA E’ UNA SCIENZA

-         la Storia è una scienza; infatti risponde, come tutte le scienze, al criterio di causa a effetto. Ogni fatto storico, una volta accaduto, è determinato da una precisa causa (che può essere formata da più concause).
-         Per determinare la causa (e le concause) occorre assolutamente cercare e conoscere tutti i precedenti che la hanno determinata.  Cosa non facile, perché, per vari motivi possono essere talvolta nascoste alcune realtà o documenti da chi ha interesse (politico, finanziario, di potere personale) a favorire l’imposizione e l’accettazione di una particolare versione della Storia, e naturalmente, taccerà di “revisionismo” ogni ricerca approfondita di concause che possano “turbare” la “quiete” storica acquisita.
-         Nessuno deve vergognarsi della propria storia e della storia del proprio paese, quale essa sia. Deve solo compiere una analisi approfondita delle cause di eventuali gravi fatti compiuti e comportarsi secondo coscienza e buonafede (ma non negandosi al riconoscimento del giudizio di Tribunali se necessario).

RAPPORTI TRA STORIA E IDEOLOGIA

-         l’ideologia individuale o di massa è  sicuramente un motore   importante   della Storia  (altri motori sono la supremazia economica, la convinzione di essere migliori degli altri per portare civiltà e benessere, la sete di potere, la volontà di ingrandire la propria Nazione, le necessità vere o presunte di annessioni territoriali,  etc).
Ma l’ideologia  non  deve  servire a interpretare  la Storia a posteriori né  ad alterare il fatto storico: troppo spesso si danno interpretazioni ideologiche, troppo spesso nelle Università i Professori di Storia Contemporanea si trasformano in Professori di Ideologia della Storia. Nessuno può impedire che si diano in buonafede interpretazioni ideologiche, anche per orientare il pubblico, purchè si avverta sempre quando si cessa la narrazione del fatto storico come tale e si inizia la trattazione ideologica.
Non esiste il “giudizio della Storia” : sono gli uomini che giudicano, secondo convenienza o ideologia.


APPLICAZIONE AL PERIODO ’39 – ‘45

Parleremo di fatti storici incontestabili, cercandone la verità, senza mito, senza ideologia, nel loro concatenamento di causa ad effetto. Senza giudicare, senza condannare, senza esaltare, contestualizzando al massimo le situazioni e gli eventi.


PRELIMINARI:
1) ELEMENTI DI STORIA PATRIA ED EUROPEA

         La guerra 15-18, vinta dall’Italia assieme alle altre Potenze, vide una situazione non favorevole: la attribuzione della Dalmazia all’Italia, compiuta dal Trattato di Londra nel 1915 fu di fatto impedita dalla nascita del Regno serbo-croato-sloveno di Alessandro 1° Karageorgevic. Dopo la guerra, questo fatto causò la Impresa Fiumana
di D’Annunzio e il “Regno del Quarnaro” come reazione alla inerzia del governo in merito. Analogamente la attribuzione all’Italia della città turca di Smirne (per contrastare l’impero zarista) fu resa inutile dalla fine del medesimo in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre. Inoltre, il dominio franco inglese nel Mediterraneo ne usciva rafforzato (Marocco, Tunisia Algeria Egitto Libia (in parte) Sudan Corno d’Africa Malta e Gibilterra costituivano una cappa soffocante per i commerci italiani
Per questo, dal ’18 in poi, nacque un forte sentimento nazionalistico che portò alla nascita del Partito Fascista (visto con favore da Casa Savoia).
In seguito, la sanzioni del ’36 contribuirono a gettare l’Italia in braccio alla Germania.
La guerra del 1940 fu vista come una vera e propria guerra di liberazione del popolo italiano dalla schiavitù anglofrancese, oltrechè un modo per impedire che la Germania, ormai vittoriosa dal 1939 su tutti i fronti, imponesse all’Italia una schiavitù ancora peggiore, cosa  -  forse  -  ovviabile vincendo assieme ad essa.

Ma perché la Germania era entrata in guerra? Perché era stata oltremodo penalizzata dal Trattato di Versailles conseguente alla fine dell’Impero Austroungarico. Le questioni:
- cessione alla Polonia del corridoio di Danzica (4 milioni di tedeschi!)
- i Sudeti (16 milioni di tedeschi inglobati in Cecoslovacchia) 
- la internazionalizzazione della Saar

Ciò favorì il sentimento nazionalistico che favorì l’ascesa di Hitler e del Partito Nazionalsocialista.




2) LA GUERRA ’39 – ’45: IL COMPORTAMENTO ITALIANO
                                                   
Mussolini non aveva alcuna voglia di entrare in guerra. Aveva tentato, prima a Monaco e poi subito dopo l’entrata tedesca in Polonia, di salvare la pace. Aveva molte cose da fare in Italia: la grande Esposizione Universale E 42 che avrebbe  mostrato al mondo il genio italico era una tappa irrinunciabile per il Regime, e l’EUR era quasi pronta per la grande festa del 1942..
Ma era ormai legato ad Hitler dal Patto d’Acciaio. Inventò per un anno la formula della “non-belligeranza”, ma poi, di fronte agli straordinari successi delle Armate tedesche, temendo di perdere il momento giusto per sedersi al tavolo della pace (“mi bastano 2000 morti!“)  e - sembra - sollecitato dagli inglesi impauriti che l’Europa, in caso di loro sconfitta, diventasse un grande “Protettorato tedesco” con  perdita delle identità nazionali, si decise ad entrare in guerra, l’11 Giugno 1940, malgrado la assoluta impreparazione dell‘Esercito italiano. Occorre ricordare che la Monarchia sabauda aveva la responsabilità della entrata in guerra, anche se ormai voluta anche da Mussolini, che era ufficialmente un Capo di Governo e Primo Ministro nominato dal Re, anche se aveva creato col suo consenso il “Regime Fascista”.
Ripercorreremo tappe che tutti sanno: l’inutile attacco alla Francia con la conquista (!) di Mentone; il tentativo di attacco alla Grecia per fare una “guerra parallela”, risolto con l’intervento di Hitler che così fatalmente ritardò di due mesi l’impegno in Russia;   la  alleanza  col  Giappone e  la infausta dichiarazione di guerra all’America;
la sfibrante (anche per i tedeschi) campagna di Libia e il mancato arrivo ad Alessandria d’Egitto (fine a El Alamein). La ritirata fino a Tunisi. Il mancato reimbarco dei resti dell’esercito italiano dalla Tunisia (mancavano le navi da trasporto) con la perdita di trecentomila uomini, utili per la difesa d’Italia. Lo sbarco alleato in Sicilia e la lenta risalita dell’Italia. La deposizione e l’arresto di Mussolini (26 Luglio’43), il Governo Badoglio che rimane alleato dei Tedeschi ma tratta con gli Inglesi ( …to badogliate!...). La “resa senza condizioni” di Cassibile, l’8 Settembre 1943. La fuga del Re a Pescara e poi a Salerno (sulla motonave “Baionetta”) e l’essere praticamente esautorato dagli Alleati che avevano formato un “Allied Military Governement” e battevano la nuova moneta, le famose “Am-lire”. Il Governo del Re, fatto a Salerno per un tentativo di riaffermare un dominio “legittimo” sull’Italia, venne praticamente tenuto in ostaggio dagli Alleati, che gli vietarono ogni autonoma decisione, se non da loro autorizzata. Persino la “dichiarazione di guerra” alla Germania e al Giappone fatta nel tardo Settembre ’43 da quel governo, non ebbe valore alcuno, e infatti, non fu mai seguita da alcun successivo Trattato di Pace con il Governo Italiano. Inoltre, persino la proposta e la convocazione, nel ’46, della Assemblea Costituente fu assoggettata alla autorizzazione alleata, il che getta un’ombra sulla sua legittimità. Unica concessione strappata, il fare un piccolo Esercito del Sud, di appoggio agli Alleati, per legittimare in chiave monarchica e antipartigiana la riconquista dell’Italia.



LEGITTIMITA’  DELLA  REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA E  DELLE
FORZE PARTIGIANE DEL COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE
Ci atterremo alla Sentenza n° 747 - 26.4.’54  del Tribunale Supremo Militare che legittima la RSI e le sue Forze Armate come belligeranti, e, nel contempo, non attribuisce agli appartenenti alle formazioni partigiane la qualifica di belligeranti, perché non portavano distintivi riconoscibili a distanza, non avevano capi con nomi certi, non portavano armi bene in vista né erano assoggettati alla legge penale militare.
Per quanto riguarda la R.S.I. la Sentenza dice testualmente:
- Dopo l’armistizio dell’8 Settembre ’43 il Governo legittimo del Re risiedeva al sud, ma esercitava un potere “sub condicione”: ogni sua azione o iniziativa doveva essere preventivamente autorizzata dal Governo Militare Alleato, e non poteva essere altrimenti.
- Nel resto d’Italia (quasi due terzi, dalle Alpi a oltre Montecassino)  si era creata una nuova organizzazione politica, la Repubblica Sociale Italiana, riconosciuta da 11 stati (Germania e suoi alleati). Tale Governo era un “Governo di fatto”, perfettamente legittimo sul suo territorio, aveva però la piena personalità giuridica, rispetto al Diritto Internazionale, solo di fronte agli Stati che l’avevano riconosciuto. Ma era comunque una organizzazione statale che aveva capacità giuridica propria, e una sfera – sia pur limitata – di autonomia. La R.S.I. adottò gli stessi codici, le stesse leggi antecedenti, applicate dal potere esecutivo e dalla Magistratura, e conservò i Prefetti, le Corti dei Tribunali, gli Uffici Esecutivi delle Forze Armate e di Polizia. L’Autorità  tedesca cercò di inserirsi con i suoi principi e durissimi metodi di lotta e le autorità della R.S.I. subirono pressioni fortissime dall’alleato, e si opposero spesso con energia alle iniziative tedesche che però non potevano interferire nelle Leggi e Decreti emanati dalla R.S.I.
Per quanto riguarda i militi delle Forze Armate Repubblicane, esse erano da considerarsi legittimamente belligeranti perché:
-         avevano a capo una persona responsabile per i subordinati
-         avevano una divisa e un segno distintivo fisso e riconoscibile a distanza
-         portavano apertamente le armi
-         si conformavano, nelle operazioni, alle leggi e agli usi di guerra
-         furono trattati da soldati e belligeranti perchè non si arresero agli Angloamericani e ritennero di mantenere fede all’alleato tedesco, fronteggiando l’avversario a viso aperto.
-         Se presi prigionieri, ebbero diritto al normale trattamento dei prigionieri di guerra.
Diversa è la posizione dei Partigiani, che non avevano le caratteristiche sopra descritte e non potevano considerarsi forze belligeranti. Oggi li chiameremmo “terroristi”, anche se, sotto il profilo etico, ciò non può togliere loro l’aureola di eroismo, dato che l’avversario li avrebbe spietatamente perseguiti proprio per queste mancanze. Naturalmente, se fatti prigionieri, potevano subire subito il plotone di esecuzione (renit. alla leva) o torture per rivelare notizie.

CRITERI DI PACIFICAZIONE TRA I CONTENDENTI
“La pacificazione può solo basarsi sulla convinzione e sul rispetto della propria e dell’altrui buonafede”
Non ci sarà pacificazione finché non ci sarà verità e studio scientifico della Storia.
Dobbiamo TUTTI accettare questi semplici princìpi:

1) non esiste una "parte giusta" ed una "parte sbagliata" (definizioni ideologiche) ma semplicemente una parte che vince e una parte che perde (definizioni scientifiche);  nessun “vincitore”  ha mai detto : “….menomale che abbiamo vinto,  perché eravamo dalla parte sbagliata!....” 
Allora, vince SEMPRE la parte giusta?!
Se fosse possibile individuare in anticipo la “parte giusta” non ci sarebbero più conflitti. In realtà, la “parte giusta” è solo la buonafede di ciascun contendente.
2) la parte che vince, scrive e impone la "propria" storia e lo fa generalmente in maniera ideologica e utile (e probabilmente necessaria in ogni caso) alla continuazione del proprio indirizzo politico; ma se vuole davvero la pacificazione nazionale (indispensabile dopo una guerra civile) allora deve cercare e rivelare la parte di verità tenuta celata; nessun “revisionismo”, solo un necessario  completamento;

3) in ogni parte ci sono gli "assassini" e gli "eroi", e sono generalmente ambedue in buona fede, dato che mentre agiscono (in tempo reale) non hanno elementi certi per cambiare idea o fede. Di solito il vincitore classifica “atto d’eroismo” quello che per il vinto è “assassinio” e viceversa,  eccettuati i crimini da Tribunale Penale.

4) è assolutamente vietato il vilipendio e la denigrazione dell’avversario, nonché la attribuzione di nomi non da lui scelti (Art.22 della Costituzione). Quindi:  non “Repubblichini” ma Repubblicani; non “Repubblica di Salò” ma R.S.I;   non “ribelli” o “banditen” o “grattigiani”  ma  Partigiani.




LA RESISTENZA – DISCUSSIONE SULLA SUA UTILITA’ E SULLE SUE AZIONI

Nascita della Resistenza
Con la creazione della RSI si pone un delicato problema: la ricostituzione del suo esercito. Molti lo volevano  di soli volontari, ma purtroppo  prevalsero  i favorevoli alla  coscrizione obbligatoria.
Occorre tener presente che  a fine ’43, dopo lo sbandamento seguito all’8 Settembre, gran parte
dei giovani non voleva più saperne della guerra: delusi dalle promesse di Mussolini, volevano solo tornare a casa.
Quando uscì il Bando Graziani che li richiamava alle armi, furono in molti coloro che non vi aderirono.
Ma così facendo divenivano renitenti alla leva, disertori, passibili di fucilazione immediata dopo sicuro riconoscimento delle generalità. Così accadde per i poveri cinque ragazzi di Firenze, fucilati davanti allo Stadio Berta.
 Questo sarà in seguito il destino di tutti i partigiani catturati, salvo quelli imprigionati per eventuale “scambio” o per estorcere loro mediante tortura  informazioni  su  loro colleghi e sui luoghi  ove si radunavano.
Dopo un periodo di ombra, in cui chi non aderì al Bando Graziani si nascose nelle case o “andò in montagna”, nacquero i primi gruppi di persone che cercarono di difendersi dall’essere scovati e poi passati per le armi. Ma solo successivamente, (salvo alcuni casi) quando sorsero o  tornarono dall’estero  i futuri capi politici, nacquero le Formazioni Partigiane, col compito  non più di  difendersi, ma  di  attaccare i tedeschi e le Formazioni della RSI.

 Le contraddizioni nella Resistenza
Gli angloamericani  (oltre un milione di uomini)  lentamente avanzavano,  si  formava “l’esercito del Sud”  (che Casa Savoia  riuscì  a organizzare  malgrado forti resistenze inglesi), le  Formazioni partigiane aiutavano come potevano, data la non forte consistenza (circa 50.000 uomini).     
 Ma  gravi  furono i dissidi politici  nel loro interno: c’era chi voleva dar vita  - dopo l’eventuale vittoria angloamericana -   ad una Democrazia  rappresentativa, ma c’erano altri  (i Gappisti etc) che miravano all’instaurazione di una Dittatura del proletariato, come in Russia.
Gravi  episodi  accaddero:  scontri (Porzus etc),  denunce ai tedeschi dei luoghi  ove erano le Formazioni rivali  perché  fossero eliminate (senza responsabilità diretta!),  uccisioni  di  capi “moderati”  etc.  Comunque, non si può e non si deve mettere in dubbio la buonafede, né degli aspiranti alla democrazia, né degli aspiranti alla dittatura, anche se i metodi impiegati necessiterebbero di seria riflessione.   




Le responsabilità della Resistenza
Ecco via Rasella e la rappresaglia delle  Fosse Ardeatine. Terribile fu la scelta e la responsabilità dei capi partigiani (CLN – Comitato di Liberazione Nazionale), che da allora in poi sottopose anche la popolazione civile alle eventuali rappresaglie da parte di chi (tedeschi e RSI)  non aveva tempo né possibilità (perché doveva fare la guerra agli angloamericani!) di cercare e punire i veri responsabili degli attacchi proditori, per di più compiuti da persone “senza divisa” e quindi  fuori dalla tutela delle leggi dell’Aja e di Ginevra.
Da alcune parti si sostiene che senza  la Resistenza avremmo avuto meno morti, meno stragi, meno rappresaglie, e questo può essere vero.
D’altra parte, senza la scelta del CLN di attaccare i tedeschi e i militi della RSI non ci sarebbe stata la Resistenza, i suoi ideali, i suoi martiri, e la nascita di una coscienza nuova nel popolo italiano.
In ogni caso, la responsabilità morale di tutte le stragi tedesche (salvo quelle senza causa diretta di uccisioni di tedeschi) è inequivocabilmente della Resistenza.
Ma le macchie più gravi della Resistenza furono tre:
- l’assassinio del filosofo Giovanni Gentile il 15.4.’44 (metà del CLN fu contraria)
- l’assassinio senza processo dell’intero Governo della RSI, a Dongo, il 25/26.4.’45 compiuto malgrado la proibizione degli Alleati che volevano catturare vivi Mussolini e i Gerarchi.
- il “genocidio di popolo ex-fascista” perpetrato dopo la fine della guerra,  tra il 25 Aprile ‘45 e quasi tutto il ‘47, quando furono prelevati con la forza e uccisi un numero imprecisato di persone (da 60.000 a 200.000) da comunisti mai identificati.
Chi sa parli! Ma nessuno parla, e la magistratura mai ha iniziato neppure processi a carico di ignoti.
Certamente, si potrà parlare di pacificazione quando la Resistenza riconoscerà apertamente questi fatti e farà ammenda di essi. Solo allora inizierà la sua effettiva storicizzazione


ANALISI DEI FATTI DAL 25 LUGLIO ’43 IN POI

Proviamo ad applicare i criteri di pacificazione ai fatti accaduti dopo il 25 Luglio 1943 e alla guerra civile, contestualizzando le varie situazioni:

- 1) è innegabile che la Monarchia regnante (Casa Savoia) agì sopratutto per salvare se stessa in extremis e che si rese responsabile di azioni che allora furono – salvo poche eccezioni - considerate da tutti come vergognose per l'Italia. Elenchiamole:
a) l'arresto del suo Primo Ministro (Mussolini) anziché accettarne semplicemente le dimissioni;
b) la firma di una resa senza condizioni (8 Settembre) fatta senza avvertire l'Alleato germanico e anzi dopo che Badoglio aveva ripetutamente dichiarato "...la guerra continua al suo fianco". Nel proclama dell’armistizio mancò qualunque richiesta all’ex-alleato germanico perché lasciasse al più presto il suolo nazionale e si ritirasse al di là dei confini italiani; questa mancanza impedì di estendere la giurisdizione del Regno d’Italia nella parte non occupata dagli angloamericani e trasformò istantaneamente l’esercito tedesco, presente in Italia per la lotta comune contro gli ex-nemici angloamericani già sbarcati in Italia, da “alleato” ad “invasore” legittimandone le azioni di “conquista” territoriale e, in seguito, legittimando la nascita di un autonomo Governo del nord (RSI).
c)  la fuga da Roma, abbandonando la Capitale e il Regno d’Italia alla mercè degli occupanti ex-alleati germanici,  e lasciando senza disposizioni inequivoche l’intero Esercito Italiano.
d)  il rifugiarsi presso gli ex-nemici illudendosi di continuare subito a governare l’Italia  da Brindisi e di poter “allearsi” pariteticamente agli Alleati, che invece fecero un AMG (Allied Military Governement) battendo addirittura autonomamente moneta (le cosiddette Am-lire)
e) i tedeschi gridarono al tradimento (come definire diversamente, almeno dal loro punto di vista, un comportamento simile?) e si disposero a occupare in forze l'Italia e alla vendetta;

- 2) il 9 Settembre nasce la voglia di "riscatto dell'onore nazionale": da una parte, a La Spezia, si riorganizza la "Decima MAS" con l'intento di raccogliere chi voleva continuare a combattere al fianco dell'Alleato germanico per riscattare l'onore d'Italia; dall'altra parte c'è già chi intravede l'ora della liberazione (da compiersi a fianco delle Forze Alleate di occupazione) e lo stesso giorno inizia la lotta contro l'Esercito Tedesco (epopea della corazzata "Roma", epopea di Cefalonia, etc). Ma anche il "Regno del Sud" – faticosamente continuato da Casa Savoia fuggita a Brindisi, dopo aver avuto molti mesi dopo autorizzazione dagli Alleati, che avevano già dato vita all’ “AMG”  –  riesce, con grandi difficoltà e contro il parere degli Inglesi, ad attivare un proprio piccolo "Esercito di Liberazione Nazionale" (che tra l'altro si copre di gloria a Cassino ed entra per primo -assieme ai Polacchi- in Bologna, liberandola).

- 3) con la liberazione di Mussolini nasce la Repubblica Sociale Italiana (RSI) col duplice compito di continuare la lotta (sperando nella vittoria finale) a fianco dell'Alleato germanico, nonché di cercare di "contrastare" la voglia di vendetta tedesca, l'annessione alla Germania di parte del territorio italico, il trasporto in Germania di gran parte dell'industria italiana; così nasce in Italia la prima "Resistenza" ai Tedeschi, per riaffermare l'esistenza e le ragioni di uno Stato Italiano seriamente compromesse dall'8 Settembre; non dimentichiamo inoltre che la RSI pagava lo Stato tedesco per l’aiuto fornito nella lotta agli Alleati.

- 4) ma con la nascita della RSI ecco il "Bando Graziani" di richiamo alle armi sotto la RSI di tutti i giovani che erano fuggiti dall'Esercito Italiano in seguito al suo sfaldarsi dopo l'8 Settembre;

- 5) solo una piccola parte risponde al Bando Graziani; gli altri, renitenti alla leva, si danno alla macchia e vanno "in montagna": nascono i "partigiani", definiti "ribelli" (o "banditen") dalla RSI e dalle Forze Tedesche, e successivamente organizzati in Brigate combattenti, che compiono numerose azioni di guerriglia e sabotaggio, determinando forti e feroci reazioni da parte tedesca e della RSI; d’altronde, in ogni esercito, il “renitente alla leva” accusato di diserzione, viene immediatamente condannato a morte dopo sicuro accertamento del fatto;

 - 6) le Forze Alleate conquistano l'Italia con l'aiuto delle Brigate partigiane (che avevano già differenziazione politica  tra di loro) e dell'Esercito di Liberazione Nazionale del Regno del Sud, aiuto non determinante ai fini bellici ma essenziale ai fini del futuro assetto italiano);

- 7) Gli angloamericani avanzavano rapidamente, dopo l’aggiramento in Adriatico della Linea Gotica. Il Generale Wolff stava trattando (con emissari in Svizzera, e all’insaputa di Mussolini, e di Hitler, naturalmente)  la resa  degli  ottocentomila tedeschi  in Italia   Le  forze  della  Resistenza  erano aumentate  consistentemente dalla fine di Marzo   –  chi rinuncia  in  Italia   a salire sul carro del vincitore? –   da poco meno di centomila a oltre un milione di aderenti.
Il 25 Aprile è il giorno della Liberazione (insurrezione di Milano, fine della RSI, resa delle Forze Tedesche etc) e della rinascita di una sola Patria.

Ed ecco le considerazioni di PACIFICAZIONE:

a) giusta l'idea di proclamare il 9 Settembre "giorno del riscatto nazionale" purché si riconosca che fu un "duplice" riscatto, con buonafede da ambo le parti;
b) giusta la proclamazione del 25 Aprile "Giorno della Liberazione" purché non egemonizzato dalla parte vincente, non sentito come umiliazione dalla parte perdente, ma sentito da tutti come giorno della nascita di un nuovo assetto dello Stato Italiano, la democrazia, e sopratutto "di liberazione" volontaria dagli ideali totalitari di quanti appartennero alla parte perdente, ma anche ai partigiani comunisti (totalitari);
c) comprensione (ma non necessariamente "condivisione") delle ragioni di ambo le parti:                                           
ad esempio, Via Rasella, con la uccisione del manipolo di circa trenta tedeschi da parte dei Gappisti, fu "assassinio" o "azione eroica"? Fu l'uno e l'altro contemporaneamente;  l'eccidio delle Fosse Ardeatine conseguente, fu "strage" o applicazione delle leggi di Ginevra sulla rappresaglia e ritorsione in caso di attacco proditorio da parte di "elementi non provvisti di divisa"? Fu l'uno e l'altro contemporaneamente; e così via, per tutti gli altri fatti simili accaduti, ivi comprese le 695 stragi (o rappresaglie) dell' "armadio della vergogna" (Procura milit.della Spezia) con uccisioni stimate in numero di 20.000-30.000 persone, ma anche la scomparsa di un rilevante numero (compreso tra i 60.000 ed i 200.000) di persone soppresse per vendette varie, senza processo (vedi i libri di Graziani, Pisanò,Pansa,Vespa),  perché fascisti della RSI o anche antecedentemente (Milano e Lombardia, triangolo rosso Emilia Romagna, dal Maggio al Settembre 1945 e oltre (fino al 47’!), malgrado le disposizioni sanatorie di Togliatti), su cui mai la parte vincente ha voluto sinora indagare;
d) quindi, per la pacificazione, indagare su tutto e poi scuse reciproche, da chiedere e da dare, e mai da pretendere a senso unico, a meno di accertate "stragi senza causa" (Marzabotto? Stazzema? Boves? San Dalmazzo?  Foibe di Campastrino? Altre?);
e) riconoscere anche al Mussolini della RSI alcuni suoi tentativi (storicamente accertati – vedi De Felice) di realizzare nel 1944 una nuova "Costituzione" per uno Stato sociale  (vedi Manifesto di Verona)  che avesse una pluralità di Partiti, e che mai potè realizzare perché "stretto" da un lato dai nazisti suoi "custodi", e dall'altro dagli Industriali e dai Proprietari terrieri italiani, nonché da un Pavolini Segretario provvisorio del Partito Fascista Repubblicano, notoriamente "integralista", mentre i tempi calamitosi incalzavano;

CONCLUSIONI  - PROFILO  STORICO  ITALIANO  PER LA PACIFICAZIONE:
- Risorgimento (con Monarchici e Federalisti)
- Unità d'Italia sotto Casa Savoia
- Regime Fascista (instaurato dopo l'Aventino) e rafforzamento del concetto di Stato, e di Popolo italiano, anche con misure economiche e iniziative sociali di larga portata (Corporativismo, INPS, IRI, ONMI, OND, Grandi Bonifiche e nuove città, etc)
- Infausto tentativo di affermazione dello Stato Italiano nel mondo con la politica coloniale e imperiale (per porlo in competizione con le maggiori potenze coloniali allora esistenti)
- Infausta alleanza con la Germania (anche causata dall'atteggiamento inglese e dalle Sanzioni Economiche contro l'Italia)
- Guerra 1940 (tentativo in extremis di aggregarsi al carro dei tedeschi, ritenuti vincitori entro sei mesi)
- 8 Settembre 1943, guerra perduta, ignominia, “morte” della Patria
- 9 Settembre 1943, rinascita di due Patrie - RSI al nord e Regno al Sud - con ideali simili (vittoria con i tedeschi da un lato; vittoria con gli Alleati e conquista della democrazia dall'altro; "resistenza" ai tedeschi da ambo i lati)
- 25 Aprile 1945: Liberazione d'Italia dai Tedeschi e fine della RSI: verso la democrazia con l'aiuto degli Alleati ma con la chiara determinazione di gran parte del Popolo Italiano, espressa anche con la Resistenza.

25 APRILE: giustamente istituito come "Festa di Liberazione e di fine della guerra"; ma sarà vera pacificazione e riconciliazione nazionale quando saranno riconosciute le ragioni sopraelencate e sfileranno nelle sedi opportune di commemorazione sia gli Stendardi delle Associazioni Partigiane e dell'Esercito del Regno del Sud che i Labari delle Associazioni Combattentistiche della Repubblica Sociale Italiana, e sarà riconosciuta pari dignità ai morti, e sopratutto pari dignità  a TUTTI i superstiti della guerra civile



Storicizzazione della Resistenza: riconoscimento sia dei suoi grandi meriti (come matrice della futura Costituzione della Repubblica italiana), ma  anche dei suoi crimini (uccisione di Giovanni Gentile, uccisione senza processo dell’intero Governo della RSI e genocidio di popolo ex-fascista fino al ’47 e oltre).

Appello al Presidente Napolitano perché nell’ambito delle iniziative per il 150° anno dell’Unità italiana si prenda motivo per rendere effettiva la riconciliazione e la pacificazione nazionale, che su questo tema  non è ancora avvenuta, e si riconosca, senza infingimenti o paure, la notevole influenza avuta storicamente dal Regime Fascista sulla unità del paese e degli italiani durante il ventennio, al di là della sua drammatica conclusione e delle valutazioni in merito.

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