venerdì 29 aprile 2011

UCCELLI : RISPOSTA A RENDINA PRESID. A.N.P.I. - MA LUI NON RISPOSE MAI

LETTERA A MASSIMO RENDINA  PRESIDENTE A.N.P.I.


Caro    Massimo,

Ti ringrazio per la pronta risposta ai miei auguri.
Dovremo però confrontarci su molti argomenti, che in seguito elencherò.

Ma prima   dobbiamo  intenderci  sul   concetto di   “storia”.   Per me e per gli scienziati della storia, la storia è il risultato di un confronto, che poi diviene scontro, tra elementi scatenanti divenuti ormai conflittuali di ideologia economica, etica, religiosa, politica, di potere, etc, voluto da rappresentanti di popoli  (organizzati in Stati o in gruppi di Stati), che , dopo la affermazione (vittoria) di una parte dei partecipanti allo scontro, determina  eventi storici continuati  generati e poi composti dall’insieme dei singoli fatti effettivamente accaduti.
Però, una volta accaduti, i fatti che compongono gli eventi  possono essere analizzati dal punto di vista del singolo elemento scatenante solo se si tiene conto con assoluta pariteticità di tutti i valori e concetti contenuti ed affermati da ognuno dei contendenti. 
I fatti singoli, e in seguito gli eventi, vanno analizzati scientificamente, nel loro concatenamento di causa a  effetto.   E’ assolutamente proibito   al  vero  scienziato della storia   ogni giudizio   sulla medesima  e  sugli  eventi e fatti  che  la  compongono,   perche’ ogni  giudizio può  essere  solo ideologico, solo elaborato in base alla propria ideologia. Siccome  sempre avviene  che il giudizio
lo  da  chi vince, cioè  chi  rimane in gioco, che spesso  toglie e  nega la parola  agli sconfitti,  ne deriva  che  a lungo andare, negli anni,  viene  parzialmente e  volutamente distorta anche la verità dei fatti avvenuti.
Ora, è giusto che ognuno abbia una propria ideologia e che giudichi soggettivamente la storia, ma su fatti univoci e unanimemente e scientificamente condivisi. Ed è giusto anche che esistano quelli che io chiamo “Professori di Ideologia della Storia” per elaborare orientamenti da fornire a chi non ha tempo e voglia di riflettere,   purchè non si definiscano “Professori di Storia Contemporanea”     e non gabellino per verità assolutamente condivisa ciò che dicono, ma avvertano gli interessati che il loro orientamento proviene da un giudizio formato in ambienti di destra o di sinistra o altro, magari motivandone la natura e i perche’.
L’indagine scientifica di un fenomeno storico non consente né tollera giudizi ideologici. Però ciascuno, o ciascun gruppo o partito di omogenea ideologia, può dare il suo giudizio ideologico, e presentare – giustamente – la propria interpretazione del fenomeno Ed è sommamente giusto che sia lasciata  a ciascuno la propria ideologia e la libertà di mutarla o arricchirla con nuove conoscenze.
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Ecco perché non esiste il revisionismo. E’ solo parola coniata da ideologi che hanno paura di completare la propria conoscenza dei fatti e quindi eventualmente rivedere le motivazioni generali, perché temono che da ciò ne derivi una perdita di autorità morale, di potere, di adepti .

1 - vorrei premettere che io avevo 10 - 12 anni nel periodo esaminato. Ho conosciuto tanti "attori" di quel periodo (militari tedeschi, SS, militi delle Brigate Nere, partigiani, etc), io ero solo uno "spettatore" (per fortuna!), ma molto precoce (ho imparato a leggere a 3 anni e mezzo) e ho sempre coltivato e analizzato i miei ricordi assieme a quelli di persone piu' grandi di me.                          Non ho mai appartenuto a ideologia alcuna, salvo quella di aiutare i miei simili, di qualunque parte essi fossero.
Per questo, oggi, mi sento in diritto e in dovere di parlare a tutti i giovani italiani, in assoluta verità e giustizia prima ancora che mosso da generosità per chicchessia.
Come ho già detto, non accetto che esistano "storici di destra" o "storici di sinistra".
 I vari Professori Universitari di Storia Contemporanea che si professano tali, in realtà sono solo Professori di Ideologia della Storia, mentre dobbiamo fare  della storia  una Scienza, e redigere i canoni (cui sto lavorando) per creare degli Istituti Universitari di Scienza della Storia

2 - la "amnistia Togliatti" salvò molti criminali,  non solo della Repubblica Sociale, ma anche nel campo della Resistenza (ove avvennero anche pagine oscure e aberrazioni - parole del Presidente Napolitano). Mi riferisco ai 30.000 ( o 60.000 o piu')  uccisi dopo il Maggio 45 e fino al 47, di cui parlano i libri di Graziani (200.000!), Pisano', Pansa, Vespa e vari altri. Su questo occorrerà fare piena luce, se si vogliono  evitare macchie sulla ideologia della Resistenza, e per evitare che si dica sbrigativamente e superficialmente che i "vincitori" hanno scritto la storia che faceva loro comodo scrivere. Io non credo che esista un "revisionismo", ma solo un opportuno completamento di fatti avvenuti  e  da analizzare,  e che  furono necessariamente celati o minimizzati  (fino ad oggi)   per permettere - cosa comprensibile e condivisibile -  il consolidamento del quadro politico.

3 - prima di prendere in esame il periodo Resistenziale, sarà opportuno fare un excursus storico del periodo antecedente.
Fino al 1938 il Regime Fascista aveva goduto di ampio consenso, per le numerose realizzazioni, per la stabilizzazione portata in Italia etc.
Purtroppo aveva limitato pericolosamente la libertà individuale e di coloro che gli erano contrari (Tribunali politici, confino, etc) ma - al di là degli assassini politici  (Matteotti, Amendola, Don Minzoni e qualche altro), superato il periodo delle "squadracce", il popolo italiano nella stragrande maggioranza aveva "accettato" la situazione. D'altra parte, è necessario ricordare che i Governi democratici precedenti, ispirati da casa Savoia, erano stati piuttosto "duri", quasi dittatoriali, (Bava Beccaris etc), e il Fascismo sembrò quasi più "dolce".
Certamente, la politica estera fascista era improntata all'aiuto ai regimi di destra (guerra di Spagna) e poi al completamento della avventura africana, iniziata molti anni prima, e volta a dotare l'Italia di un  "Impero",  forse per  convogliarvi  la emigrazione, ma soprattutto  perche' allora,  per divenire "grande e rispettata potenza", era necessario averlo.
Così  aveva insegnato  la storia passata, dalla Francia  all'Olanda  alla Spagna,  al Portogallo, fino all'Inghilterra.
Purtroppo, le "sanzioni" imposte all'Italia per le questioni africane, ci  buttarono in braccio  alla Germania, mentre  gran  parte  del Governo fascista  e  dei gerarchi  (compreso Ciano e Grandi)   era contrario, per le tradizioni culturali che ci legavano più alla Francia e all'Inghilterra.
Il prezzo dell'aiuto tedesco fu lo sciagurato  Patto d'Acciaio, e poi  l'Asse.  Hitler riuscì a irretire Mussolini, e il Re Vittorio  stava a guardare  senza opporsi.   A Monaco fu fatto il possibile per evitare la guerra; ci  si  sarebbe  potuti  opporre  più decisamente  a Hitler  fin da allora  anzichè compiacerlo come fecero Francia e Inghilterra:  ma forse la Guerra sarebbe iniziata prima.
Quando nel '39 Hitler entrò in Polonia, Mussolini lo seppe solo dopo l'inizio dell'invasione. Questo la dice lunga su come i tedeschi rispettavano il Patto con noi, e penso, per il Governo italiano non fu una bella cosa. Forza e brutalità, alternati con blandizie ideologiche (Hitler diceva di considerare Mussolini come una persona cui si era largamente ispirato per la filosofia nazista, ma non era vero: il fascismo non aveva una ideologia precisa, salvo il richiamo alla romanità).
 La politica antiebraica viene da noi  molto dopo e "obtorto collo", mentre il  "Mein Kampf" risente già dell'odio nazista contro le razze inferiori, compreso quella ebraica.
Da noi, Nicola Pende si illuse di aver dimostrato l'esistenza e la differenza tra le razze, stilando una "graduatoria" in cui era al primo posto la razza indoeuropea e la razza ariana, e questo costitui' la base "scientifica" perche' anche in Italia si facessero leggi razziali.
4 - Ed eccoci alla Guerra: Mussolini tergiversò - colla "non belligeranza" - più che potè, poi, di fronte agli straordinari successi dell'Esercito germanico, dopo il crollo della Linea Maginot, decise di entrare in guerra convinto che sarebbe durata non oltre sei mesi ("ho bisogno di 2000 morti per sedermi al tavolo della pace" - con analogie alla guerra di Crimea  del secolo prima).
Ma le cose andarono diversamente: dopo i successi vennero i guai, in Grecia, in terra d'Africa (noi fummo una bella  palla al piede  per i tedeschi, forse  hanno  perduto  per  causa  nostra),  e poi lo sciagurato  attacco alla Russia.
Il consenso al regime fascista stava declinando in Italia, e Mussolini - malgrado la lenta conversione e le sollecitazioni  del Re Vittorio Emanuele,   preoccupato più  di  Casa Savoia che della situazione italiana  - non aveva  il coraggio  di staccarsi dall'alleato:  forse pensava che  una qualunque   "pace
separata" avrebbe segnato la sua fine politica, dato che aveva sempre urlato "vinceremo!".

5 - Eccoci al 25 Luglio ‘43, preparato - sembra - da un accordo Grandi-Acquarone.
Gli italiani non volevano piu' saperne della guerra, che era attribuita esclusivamente (ma a torto) al volere del Duce. Questo spiega la euforia con cui fu accolta la notizia delle dimissioni di Mussolini, ma molti - ricordo - rimasero interdetti per il suo arresto, che "disonorava" Casa Savoia. Comunque, la guerra continuava a fianco dei tedeschi, con  Badoglio Primo Ministro.
Ma quando l'8 Settembre ’43  Badoglio annunciò l'armistizio "per la impossibilità di proseguire la guerra contro le soverchianti forze alleate",  accanto alla gioia per il ritorno a casa dei combattenti
si ebbe  un  forte sentimento di umiliazione soprattutto per il "tradimento" perpetrato nei confronti dell'alleato tedesco che non era stato nè consultato nè avvisato, assieme ad  una forte paura  per  le sue probabili reazioni. E intanto il Re fuggiva da Roma.
Occorre  notare  che  l'annuncio  di Badoglio  trasformo'  di fatto  le  forze  tedesche  da alleate  a "occupanti" a  loro  insaputa e  senza che lo volessero.
Ma la cosa più grave fu che nell'annuncio di Badoglio non c'è alcuna esplicita richiesta alle forze tedesche di lasciare l'Italia e di schierarsi a nord al di là dei confini. Per questo furono legittimate a restare in Italia, pensando di difendere la Germania nel contrastare l'avanzata alleata. Ma la mancata richiesta  di  evacuazione dell'Italia  ebbe  una conseguenza  molto  più  rilevante:  in pratica, il Re rinunciava ufficialmente  a estendere la sua giurisdizione  su tutta la parte del paese a nord della linea di combattimento, cioè su due terzi di Italia.

6 -  A questo punto, per la povera Italia, si profilava una dura e vendicativa dominazione tedesca, magari  con  un apposito "gauleiter"  al comando.   Ricordo benissimo  la  riorganizzazione  della Decima Mas a La Spezia, il 9 Settembre '43 e lo schierarsi al fianco dei tedeschi:  sembrò che in qualche modo si riscattasse il "tradimento".
Ma per non lasciare ai tedeschi  il comando assoluto  su gran parte  dell'Italia  era assolutamente indispensabile  dar vita ad  un  Governo italiano (certo,  fortemente  "controllato e condizionato"      dai tedeschi).
E dopo la liberazione di  Mussolini, la nascita della Repubblica Sociale Italiana, al di là della avversione per lui di una parte consistente del popolo italiano, fu salutata con gioia, perché era
di fatto uno  "scudo"   anche  se  labile   contro lo strapotere tedesco  e  restituiva  agli  italiani
la sovranità sull'Italia.
In effetti, nasce  con la Repubblica Sociale  la prima "resistenza" ai tedeschi : si  impedisce  che portino in Germania le industrie (compreso la  FIAT), si cerca di limitare le loro pretese territoriali, si  ristabilisce  una "legalità"  nella vita civile,  però  non  si  riesce a (o non si vuole)  evitare  il  trasferimento degli ebrei  in  Germania.
E soprattutto, col Manifesto di Verona e le altre prese di posizione, si cerca di introdurre qualcosa  di veramente nuovo, che verrà fortemente osteggiato dai  proprietari: la “socializzazione delle Aziende”, che introduce  per la prima volta  il concetto sacrosanto  di   partecipazione  agli  utili aziendali  per  tutti coloro che vi lavorano, operai, impiegati etc. Questo concetto viene ripreso e proposto (Amato etc) da molti economisti attuali: vedremo se avrà miglior fortuna!


Tornando alla questione della  legittimità della RSI, essa risiede nel fatto che:

a) non si poteva lasciare senza governo alcuno una parte consistente di Italia (oltre due terzi!).

b) si  doveva  ripristinare un  governo "alleato" dei tedeschi:  se avessero vinto la guerra,  forse si poteva recuperare qualcosa. Ricordiamoci che nel  '44 le nuove armi erano tutt'altro che fuori gioco: V2, V3 e bomba atomica (rallentando i neutroni con acqua pesante) potevano vedere veramente la luce. Mancò il tempo, ma con 6 mesi - un anno di guerra in più, chissà.   Fu  veramente  una  lotta contro il tempo.
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c) la RSI doveva quindi lottare contro gli angloamericani per ritardarne piu' possibile l'avanzata.
d) a livello di governo RSI si pensava veramente in buona fede di aver riscattato l'onore d’Italia compromesso dal comportamento del Re e di Badoglio. Non dimentichiamo le parole dei Generali  Alexander e Eisenhover  dopo la battaglia di Anzio: "I ragazzi della Repubblica Sociale hanno combattuto eroicamente e hanno riscattato in parte l'onore italiano".
e) la RSI fu riconosciuta da 11 paesi (ovviamente, gli alleati della Germania)  ma  non può  essere assolutamente considerata un "governo fantoccio", epiteto che si può dare solo ai governi promossi dai tedeschi in territori nemici e da loro occupati (Francia, Polonia, Cecoslovacchia etc) . Questo
non è il caso dell’Italia, alleata dei tedeschi fino al 7 Settembre ’43.

f) si doveva restituire una “legalità” alla vita civile del popolo, un governo efficiente per le mille necessità belliche e una magistratura funzionante; si doveva assolutamente impedire ai tedeschi di far “terra bruciata” dell’Italia, di portar via le Industrie più grandi, di annettersi parte del territorio italiano  (cosa riuscita solo in parte). Non  si riuscì  a evitare  (o non si volle)  il  trasporto degli ebrei in Germania.


7 –  la Resistenza
Con la nascita della RSI si pone un delicato problema: la ricostituzione del suo esercito. Molti lo volevano  di soli volontari, ma purtroppo  prevalsero  i favorevoli alla  coscrizione obbligatoria.
Occorre tener presente che  a fine ’43, dopo lo sbandamento seguito all’8 Settembre, gran parte
dei giovani non voleva più saperne della guerra: delusi dalle promesse di Mussolini, volevano solo tornare a casa.
Quando uscì il Bando Graziani che li richiamava alle armi, furono in molti che non vi aderirono.
Ma così facendo divenivano renitenti alla leva, disertori, passibili di fucilazione immediata dopo sicuro riconoscimento delle generalità. Così accadde per i poveri cinque ragazzi di Firenze, fucilati davanti allo Stadio Berta.
 Questo sarà in seguito il destino di tutti i partigiani catturati, salvo quelli imprigionati per eventuale “scambio” o per estorcere loro mediante tortura  informazioni  su  loro colleghi e sui luoghi  ove si radunavano.
Dopo un periodo di ombra, in cui chi non aderì al Bando Graziani si nascose nelle case o “andò in montagna”, nacquero i primi gruppi di persone che cercarono di difendersi dall’essere scovati e poi passati per le armi. Ma solo successivamente, quando sorsero o  tornarono dall’estero  i futuri capi politici, nacquero le Formazioni Partigiane, col compito  non più di  difendersi, ma  di  attaccare i tedeschi e le Formazioni della RSI.
Ecco via Rasella e la rappresaglia delle  Fosse Ardeatine. Terribile fu la scelta e la responsabilità dei capi partigiani, che da allora in poi sottopose anche la popolazione civile alle eventuali rappresaglie da parte di chi (tedeschi e RSI)  non aveva tempo né possibilità (perché doveva fare la guerra agli angloamericani!) di cercare e punire i veri responsabili degli attacchi proditori, per di più compiuti da persone “senza divisa” e quindi  fuori dalla tutela delle leggi di Ginevra. Ma d’altra parte, senza questa scelta non ci sarebbe stata la Resistenza, i suoi ideali, i suoi martiri, e la nascita di una coscienza nuova nel popolo italiano.

8 -  le contraddizioni nella Resistenza
Gli angloamericani  (oltre un milione di uomini)  lentamente avanzavano,  si  formava “l’esercito del Sud”  (che Casa Savoia  riuscì  a organizzare  malgrado forti resistenze inglesi), le  Formazioni partigiane aiutavano come potevano, data la non forte consistenza (30.000 – 50.000 uomini).       Ma  gravi  furono i dissidi politici  nel loro interno: c’era chi voleva dar vita  - dopo l’eventuale vittoria angloamericana -   ad una Democrazia  rappresentativa, ma c’erano altri  (i Gappisti etc)     che miravano all’instaurazione di una Dittatura del proletariato, come in Russia.
Gravi  episodi  accaddero:  scontri (Porzus etc),  denunce ai tedeschi dei luoghi  ove erano le Formazioni rivali  perché  fossero eliminate (senza responsabilità diretta!),  uccisioni  di  capi “moderati”  etc.  Comunque, non si può e non si deve mettere in dubbio la buonafede, né degli aspiranti alla democrazia, né degli aspiranti alla dittatura, anche se i metodi impiegati necessiterebbero di seria riflessione.   

9 –  il 25 Aprile ‘45
Gli angloamericani avanzavano rapidamente, dopo l’aggiramento in Adriatico della Linea Gotica.
Il Generale Wolff stava trattando (con emissari in Svizzera, e all’insaputa di Mussolini, e di Hitler, naturalmente)  la resa  degli  ottocentomila tedeschi  in Italia   Le  forze  della  Resistenza  erano aumentate  consistentemente dalla fine di Marzo    chi rinuncia  in  Italia   a salire sul carro del vincitore? –   da poco meno di centomila aderenti a oltre un milione.
L’insurrezione di Milano fu il culmine: là si intravide il nuovo futuro ordinamento italiano, probabilmente il sistema democratico, che in ogni caso, volenti o nolenti, sarebbe stato imposto dai vincitori. La spartizione del mondo fatta a Yalta non lasciava dubbi, e Stalin (e quindi Togliatti) si adeguarono senza batter ciglio. Stalin poi, rispettando i patti per l’Italia, avrebbe avuto mano libera per imporre i suoi governi “fantoccio” nell’oltre cortina, durati – tra rivolte varie – fino alla caduta del muro di Berlino.
Ma  un   fatto di  inaudita gravità  avvenne il 26 – 27 – 28 Aprile:  l’assassinio  senza  processo dell’intero Governo della RSI, malgrado il disperato tentativo degli americani di prenderli tutti prigionieri.   La responsabilità fu del CLN, o forse del CLNAI, che emise una condanna a morte “nel nome del popolo italiano”. Lo stesso Pertini, interrogato da cronisti RAI, rievocò il mancato incontro con Mussolini dal Cardinale Schuster (arrivò tardi),  dicendo espressamente che se era presente avrebbe chiesto la resa  senza condizioni  di tutte le forze della RSI e  l’arresto  del  suo Governo, e  alla richiesta  del cronista  su cosa  avrebbero  fatto  dopo,  rispose   testualmente:
 “Li avremmo passati per le armi..”
Certo, un processo tipo Norimberga sarebbe stato estremamente scomodo per i vincitori. Meglio evitarlo. Ma il popolo italiano aveva il  diritto-dovere  di parteciparvi, quale  accusatore e  quale imputato.

Dopo questa lunga premessa, su cui ti prego farmi ogni tipo di critica per capire cosa condividiamo e cosa non,  mi accingo a rispondere alla tua lettera.

Ritengo di grande importanza quello che ti dirò. Ne va della sopravvivenza dell’ANPI e del Movimento Partigiano, che potrà durare in futuro nella misura in cui saprà storicizzarsi e accettare la buonafede dell’avversario.

Tu parli di ” non recare offesa ai principi che regolano i comportamenti della persona umana” ed “evitare di minare le basi delle regole democratiche”.
Giusto.
Ma questo, se vale per i “vincitori” deve valere anche per i “vinti”, altrimenti si vuole una pacificazione esclusivamente imposta ai vinti  in base ad un criterio personale, soggettivo, costruito dai vincitori per umiliare e non riconoscere loro alcuna legittimità .
Quindi, NON RECHEREMO OFFESA NEMMENO AI   PRINCIPI  CHE  REGOLARONO  I COMPORTAMENTI  DELLE  PERSONE CHE  CREDETTERO  E  MILITARONO  NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA.
Giusto?
Poi:    la “verità storica”, quella vera, NON MINA LE BASI DELLE REGOLE DEMOCRATICHE E DELLA CONVIVENZA CIVILE.    La  nostra  Costituzione  non teme  alcun  revisionismo   perché adotta  principi generali  validi per tutti  e valori  non necessariamente  e  non solo  ispirati dalla Resistenza ma anche dalla Costituzione della RSI.   Non dimentichiamo inoltre che il referendum sulla monarchia/repubblica andò in favore della repubblica proprio perché al nord la RSI “abituò” gli italiani  per 600 giorni  a  fare  a  meno  della monarchia   (e ne  stigmatizzò i comportamenti), malgrado che i Savoia avessero origine nel nord.  I voti alla monarchia vennero soprattutto dal sud, ove aveva continuato a regnare il Re.
Per quanto riguarda la buonafede, non si può mettere  in discussione quella del singolo: ma allora nemmeno quella di un gruppo di singoli, né quella formata da un esercito di gruppi di singoli o da un governo formato da singoli.
Quando riusciremo a esaltare l’avversario (tanto più se vinto) per i valori di cui fu portatore – e che anche i vincitori in parte assunsero – anziché solo denigrarlo per gli errori commessi?
Analizzare  con serenità  i comportamenti del vinto  fa  più grande  e storicizza il vincitore;  così facevano gli antichi romani (leggi, ad es., Sallustio Crispo e la morte di Catilina).
E soprattutto non deriderne né il ricordo né i nomi, e non deridersi a vicenda: quando finiremo di chiamare i soldati della RSI   “repubblichini” e non “repubblicani”, come li chiamavamo nel ’45 e fino al ’50 ? Quando smetteremo di chiamare “Repubblica di Salò” (per tentare di minimizzarne e deriderne la portata) la Repubblica Sociale Italiana ?
E dico agli esaltatori della RSI:  quando la finirete di chiamare “Resistenzina” (per minimizzarne l’importanza) la Resistenza,  e la finirete  di chiamare “grattigiani”  (perché rubavano nelle case,  per necessità, soprattutto il cibo) o “banditen” o “ribelli”,  i  Partigiani?

Quindi, diremo ai nostri giovani:
Viva Casa Savoia, per l’unità d’Italia conseguita (magari un po’ fortunosamente) al termine del Risorgimento e per la democrazia (magari un  po’ autoritaria) realizzata dai suoi Governi, che in ogni caso avviarono la trasformazione in senso moderno dell’Italia.
Abbasso Casa Savoia, per l’acquiescenza al Fascismo,  fino a permetterne la trasformazione in “regime” con lo scioglimento del Parlamento (e  sua trasformazione in “Camera dei Fasci e delle Corporazioni), e per l’adesione alle Leggi Razziali,  la mancata ostilità alla alleanza con i tedeschi e all’inizio della Guerra, e per il suo non onorevole atto conclusivo.
E dopo la nostra sconfitta l’8 Settembre, diremo ai giovani:
Viva la Repubblica Sociale Italiana, per la sua Costituzione, per i valori di fedeltà ad una alleanza tradita, per la strenua ed eroica resistenza agli Angloamericani, per la riaffermazione dell’esistenza di uno Stato italiano (del nord) e la sua organizzazione, anche quando altri lo avevano abbandonato al suo destino di “terra di nessuno” colonizzata (e brutalizzata)  dai tedeschi, per il martirio subìto dai suoi seguaci fino al 1947.
Abbasso la Repubblica Sociale Italiana, per non essersi opposta con fermezza alla esasperazione delle rappresaglie e delle stragi tedesche (rasentandone la connivenza), per la riaffermazione delle Leggi Razziali e non avere impedito il trasporto in  Germania degli ebrei italiani (che dovevano restare sotto la sua giurisdizione),  per il terribile Processo di Verona (vendetta per il  25 Luglio).
Viva la Resistenza, per i grandi ideali di cui fu portatrice (che poi hanno condotto alla attuale Costituzione), sia  che  affermassero  per l’Italia  la necessità  di  una forma  di  Democrazia rappresentativa che abolisse il totalitarismo fascista sia che tendessero all’affermazione di una Dittatura del proletariato di stampo sovietico che lo sostituisse.
Viva la Resistenza, per  il martirio  di  tanti  partigiani, per  il  contributo al  riscatto del popolo italiano nel dopoguerrra, nel tentativo di  non lasciare  che ciò  avvenisse  esclusivamente  ad  opera
dei vincitori angloamericani, e per aver costituito il terreno per la ricostruzione e la ridefinizione dei partiti che avrebbero dato vita alla democrazia parlamentare.
Abbasso la Resistenza, per gli orrori della lotta politica tra i suoi aderenti, per l’assassinio senza processo dell’intero Governo della RSI, per aver permesso che l’odio per il vinto si trasformasse anche in vendette personali volte all’eliminazione di persone scomode e ciò almeno fino al ’47,    per il tentativo, ancora oggi in atto, di demonizzare, dileggiare, minimizzare i valori dell’avversario vinto, e per la mancata volontà di storicizzazione,  equanime valutazione, accertamento di veridicità di fatti, valutati e messi in luce spesso solo in base al loro apporto concreto al mito resistenziale.      

Certo,  per la creazione di una “storia e memoria condivisa” occorrebbe una Commissione Parlamentare “ad hoc” che redigesse i testi con l’aiuto di tutti. Ma forse ce la faremmo, invece delle storture della storia cui assistiamo continuamente e che hanno motivazioni politiche.

Caro Massimo, ho espresso le mie idee. Sarei felice se l’ANPI   potesse recepirne qualcuna che ponesse termine ai gravi dissidi, non tanto ideologici (che debbono sempre esserci) quanto di veridicità sui fatti avvenuti e generatori di storia.
Attendo qualche tuo commento.  Cordiali saluti.        

 Fabio UCCELLI





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